mercoledì 11 giugno 2008
Eraclito
Eraclito, convinto che la vita e la realtà tutta nascessero e fossero possibili solo attraverso un gioco di contrapposizioni perenni, indicò come principio del tutto il fuoco, perché il fuoco vive secondo un continuo cangiamento e una trasformazione che tutto coinvolge. " Col fuoco si permutano tutte le cose e il fuoco con tutte, così come con l'oro si scambiano le merci e le merci con l'oro", afferma Eraclito, chiarendo che lo sviluppo dinamico dovuto al fuoco portatore di tutte le opposizioni, si concreta in una "via in su" e in una "via in giù".
Nel percorso "in giù" il fuoco in parte si condensa e si trasforma nelle acque marine le quali danno anche origine alla terra; dal mare e dalla terra asalano umidi vapori che diventano nuvole le quali avvampano nel fulmine e quindi ritornano al fuoco seguendo la "via in su". In questo immane gioco cosmico, nonostante le continue trasformazioni, la qualità del fuoco rimane sempre costante.
La condizione del divenire cosmico non è però solo l'opposizione, ma anche l'identità dei contrari dato che, dice Eraclito in un celebre frammento "dentro di noi è una stessa cosa il vivo e il morto, e lo sveglio e il dormiente, e il giovane e il vecchio". La legge della realtà è quindi eterna, costante opposizione e reciproca identificazione perché "la guerra è di tutte le cose padre, di tutte le cose re" ed è ben stolto colui che pensa di poter fare cessare la discordia tra gli dèi e tra gli uomini.
Questa visione di una realtà perennemente diveniente nonostante qualche apparenza in contrario, viene riassunta da Eraclito nella celebre affermazione "tutto scorre, anche gli uomini" (panta rei, kai àntropoi) e nell'aforisma in cui sostiene che non possiamo immergerci due volte nelle stesse acque del fiume che fluisce continuamente.
La logica del divenire eracliteo potrebbe far pensare che, in definitiva il filosofo di Efeso valorizzi il continuo cangiamento e gli eventi e le cose che si succedono l'una all'altra in un perenne fluire, dove nessuna realtà e nessun valore hanno quel significato definitivo e ben saldo che in fondo i pensatori aristocratici come Pitagora, e poi Parmenide, andavano cercando. Ma l'intenzione più profonda di Eraclito è prorpio questa e, nonostante l'immagine tumultuosa dell'incessante divenier, egli nei suoi frammenti, egli nei suoi frammenti dice abbastanza chiaramente che il saggio, l'uomo d'intelletto, il quale sdegna la compagnia e la frequenza della volgare moltitudine, sa ben cogliere in se stesso il senso preciso e unitario che si nasconde dietro il tumulto e lo svariare continuo della vita.
Questa realtà profonda, raggiungibile solo dalla vista intellettuale, è per Eraclito il "logos", principio di ordine e di armonia dell'universo, nascosto nella mente dei più che, come egli sostiene, si comportano da sordi e da ciechi e credono nelle futilità accidentali degli accadimenti comuni.
Il divenire quindi, ci offre un'esperienza di contrasti e di incoerenti contraddizioni che certo non possono costituire l'ordine universale. Tale ordine va invece ritrovato ad un livello superiore come intrinseca armonia e ricomposizione cge dà un senso alle contraddizioni; così come una strada è in discesa o in salita a seconda del punto di vista del viandante, oppure come la tensione dell'arco, che nel contrasto del legno piegato e la tensione della corda riesce a scagliare esattamente la freccia, tutta quantas la realtà vive di contrasti necessari alla vita, appunto secondo l'ordine voluto dal logos che è Pensiero, o Zeus, ma non quello onorato nei templi dal volgo.
Il sapiente soltanto può raggiungere questa verità del tutto celata ai più, i quali appunto usano del loro scarso intelletto per soffermarsi su particolari insignificanti e si illudono di aver conquistato definitive vittorie che non potranno mai essere tali.
L'unico oggetto degno di ricerca è il logos il quale sta a significare appunto che il tumulto della vita si deve pur sempre placare nella visione intellettuale dell'armonia dei contrari, che non sono altro che facce opposte di una medesima realtà.
"Nel medesimo fiume non è possibile entrare due volte, né toccare due volte sostanza mortale nella medesima condizione: ma per la veemenza e la rapidità del cambiamento si dissolve e di nuovo si riunisce, o meglio: né di nuovo, né più tardi, ma contemporaneamente si raccoglie e si disperde, si avvicina e si allontana"
"Sebbene questa ragione (universale) sia sempre presente negli uomini, essi non se ne rendono conto, né prima di averla ascoltata, né dopo. Tutto accade secondo questa ragione: eppure essi, ogni volta che si provano, con parole o con atti del tipo di quelli di cui mi sto occupando, a distinguere nella natura una cosa dall'altra e a dire come ciascuna è, si comportano da inesperti. Ma la maggioranza degli uomini, anche da svegli, non hanno piena coscienza di ciò che fanno, allo stesso modo come non l'hanno quando dormono.
Una volta nati, desiderano vivere ed andare incontro al loro destino di morte: o piuttosto al riposo; e mettono al mondo figli, in modo che altri destini di morte si compiano.
La maggior parte degli uomini non comprendono queste cose quando si incontrano con esse, e non le conoscono neanche quando le imparano, anche se a loro sembra il contrario.
Una sola cosa gli uomini migliori preferiscono a tutte le altre: antepongono la gloria eterna alle cose caduche. I più pensano solo ad ingozzarsi come bestie.
Quest'ordine universale che è sempre lo stesso per tutti, non è stato fatto da qualcuno degli dèi o degli uomini, ma è sempre stato, è e sarà fuoco sempre vivo, che si accende e si spegne secondo giusta misura."
Hendrick ter Brugghen
HERÁCLITO DE ÉFESO
Di passaggio
Tautò tèni zon kài
tethnekós kai egregoròs
kai kathèudon kai nèon kai
gheraiòn tade gàr
metapésonta ekéina ésti
kakèina pàlin táuta.
(Eraclito, Frammenti, 88)
[È la stessa cosa, che è viva e morta,
che è desta e dormiente, che è giovane
e vecchia. Queste cose infatti,
ricadono nel mutamento in quelle,
e quelle viceversa in queste.]
Passano gli anni,
i treni, i topi per le fogne,
i pezzi in radio,
le illusioni, le cicogne.
Passa la gioventù,
non te ne fare un vanto:
lo sai che tutto cambia,
nulla si può fermare.
Cambiano i regni,
le stagioni, i presidenti, le religioni,
gli urlettini dei cantanti...
e intanto passa ignaro
il vero senso della vita.
Si cambia amore, idea, umore,
per noi che siamo solo di passaggio.
L'Informazione, il Coito, la Locomozione.
Diametrali Delimitazioni,
Settecentoventi Case.
Soffia la Verità
nel Libro della Formazione.
Passano gli alimenti,
le voglie, i santi, i malcontenti.
Non ci si può bagnare
due volte nello stesso fiume,
né prevedere i cambiamenti di costume.
E intanto passa ignaro
il vero senso della vita.
Ci cambiano capelli, denti e seni,
a noi che siamo solo di passaggio.
Eipas 'Hêlie khaire'
Kleombrotos Hômbrakiôtês
hêlat' af' hupsêlu
teikheos eis Aidên,
axion uden idôn thanatu
kakon, alla Platônos
hen to peri psukhês gramm' analexamenos.
(Callimaco, Epigrammi, XXIII)
[Dicendo; "Addio sole!"
Cleombroto d'Ambracia
da un alto muro
si gettò nell'Ade.
Non gli era capitato alcun male
che fosse degno di morte;
aveva solo letto
uno scritto di Platone:
quello intorno all'anima.]
Battiato
PLOTINO
Di fronte alle vicende del mondo travagliate dalla violenza, dal dolore e dalla morte, Plotino nel III libro delle Enneadi cerca di dimostrare che le cose sono soltanto “apparentemente” dolorose, ma che nella economia generale dell’universo tutto è disposto secondo un piano razionale e quindi accettabile anche dalla mente umana.
Per quanto concerne il mutuo intreccio delle cose, c’è da restare perplessi per il divorarsi degli animali tra loro, per le reciproche insidie che si tendono tra loro gli uomini e per il fatto che la guerra dura eterna e non lascia mai posto alla tregua ed all’armistizio; tanto più si resta incerti di fronte alla domanda: è veramente il disegno razionale del mondo che ha creato una situazione simile? E si deve veramente dire che tutto questo è ben fatto? Coloro che fanno simili domande non si ricordano più del ragionamento per cui tutto sta bene nel quadro generale delle possibilità, mentre responsabile di queste situazioni particolari è la materia e non è possibile che i mali non esistano.
Così appunto bisognava che stessero le cose ed è bene che esse stiano così
, e a materia si è trovata inserita nel contesto in forza del disegno razionale generale. Dunque razionale è il principio e razionale è tutto quello che nasce dal principio. Ma che cos’è allora questa fatale guerra che imperversa inesorabile sia tra gli animali che tra gli uomini? Ecco: il mutuo divorarsi è espressione della necessità di avvicendamento tra i viventi, i quali, anche se nessuno gli uccidesse, non potrebbero rimanere in eterno nel loro stato. Ed ecco che, mentre abbandonano una determinata condizione di vita, lo fanno lasciando posto ad altri […]. Che cosa c’è mai di temibile in questo avvicendarsi degli animali l’uno con l’altro? Per ciascuno comunque è meglio così che se fosse per nulla venuto all’esistenza […].
In realtà, invece, la vita domina pienamente nell’universo e continua a creare e si viene diversificando nell’ambito del vivere e non smette mai di creare […].
Ma quanto alle armi che gli uomini incrociano gli uni con gli altri, in schiere ben ordinate, esse si dicono che le sollecitudini umane non sono altro, prese in blocco, che un gioco di bambini e i dicono che la morte non ha nulla di pauroso, giacché anzi ill morire in guerra e in battaglia non è che un breve anticipo di ciò che inesorabilmente avviene nella vecchiaia; più presto si parte e iù presto si torna! E se nella vita ti saranno tolti i tuoi beni, avrai così occasione di riconoscere che essi non ti appartenevano nemmeno prima; ma anche per chi viene in possesso di quello che ha tolto ad altri il possesso è una burla, perché altri sono già pronti a depredarli a loro volta; del resto, anche ammettendo che costoro non vengano spogliati dei beni, il possesso di essi è cosa peggiore che l’esserne derubati.
Come sui palcoscenici dei teatri, così bisogna guardare alle uccisioni ed a ogni genere di morte ed alla conquista delle città ed ai saccheggi; tutto è come un mutare di scena ed un cambiare dei costumi; anche le lagrime e i lamenti sono finti. Quaggiù nelle vicende della vita, infatti, non è l’anima umana intima, ma solo quella esterna che è un’ombra che piange e si lamenta, mentre gli uomini vengono creando le loro finzioni dappertutto sul palcoscenico che è la terra tutta intera […].
Esiste un posto per ciascun uomo: l’uno si adatta al buono, l’altro al cattivo; entrambi, secondo quanto è disposto nel disegno razionale, si avviano a questo o quel luogo; poi ognuno recita ed agisce; l’uno si esprime in discorsi malvagi ed in malvage azioni; l’altro il contrario; ma prima ancora della rappresentazione del dramma, gli attori, nel prestare la loro persona, avevano già la loro natura buona o malvagia. Nei drammi scritti dall’uomo il poeta assegna le parti da recitare; ma gli attori , per loro conto, recano ciascuno la loro interpretazione buona o cattiva; nella più vera creazione poetica che è l’universo, attrice è l’anima, e recita la parte che le è stata assegnata dal poeta-demiurgo; come gli attori di quaggiù ricevono le maschere, i costumi – siano tuniche d’oro o miserabili cenci - , così da parte sua l’anima riceve e non a caso i suoi beni (ed anche questi corrispondono al disegno razionale); adattandosi a questi, giunge ad una armonia ed a un coordinamento di se stessa con l’opera che è nello stesso tempo dramma e concetto razionale dell’universo. […] Il disegno razionale del mondo è precisamente un tutto unito che si suddivide in parti ineguali ; perciò sono differenti i luoghi dell’universo: ce ne sono di migliori e di peggiori; e le anime, che sono diseguali, si ambientano in quelli corrispondenti e cioè in posti diseguali ; anche quaggiù i poti sono diseguali, come sono diseguali i suoni di un flauto rispetto a quelli di un altro; e così si indica per qualsiasi strumento. Le anime risiedono in posti tali per cui ognuna si distingue dall’altra; e tuttavia, dal posto diverso per cui si trovano, fanno sentire il loro canto, che è all0unisono con i rispettivi posti e con il tutto. Anzi ciò che in esse è dissonanza, può rientrare in un ambito di bellezza in ordine al tutto, e quello che pare contro natura, risulta conforme alla natura per il tutto. Proprio come il boia, per cattivo che sia, non disonora una città bene amministrata; in una città ci vuole anche il boia; ed anche il boia, pertanto, sta bene al suo posto […]. Nell’universo vi è anche uno sviluppo per cui alle azioni malvage seguono altre azioni;, anche qui vale il disegno razionale del tutto. Per esempio, da un adulterio, da un ratto con violenza di armi, la natura chiama all’esistenza dei bimbi e fa di essi degli uomini che forse saranno migliori dei loro padri; e in luogo delle città distrutte nascono nuove città più fiorenti di prima.
Plotino, Enneadi, III Libro
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1 commento:
Siete tutti invitati alla mostra di arte contemporanea (che molto è intrisa di alchimia):
COMUNICATO STAMPA R.A.O. (Reality Art Open)
Da martedì 06.07.2010 a domenica 11.07.10, (orario giorni feriali: 15,30/19,00 *** festivi: 10,00/12,30 - 15,30/19,00), in Arcore (MB), Via Vela, 1, presso le scuderie di Villa Borromeo D’Adda sarà possibile visitare ad ingresso libero, la rassegna di arte multimediale contemporanea, patrocinata dal Comune di Arcore, dal titolo:
“L’ARTE: CIBO DELLA COSCIENZA”.
Con l’occasione, alle ore 18,00 del 3.07.2010 nella Sala del camino e alle ore 16,30 del 10.07.2010 nei locali della mostra, si terranno le conferenze stampa rispettivamente di apertura e chiusura lavori, per illustrare, le finalità dell’iniziativa e i principi della sinergia artistica solidale R.A.O., quale nuovo movimento di rottura con le avanguardie artistiche e di recupero dei modelli tradizionali, riproposti con strumenti moderni.
Per maggiori informazioni: tel. Massimo Colangelo - tel. 039.6076886 - fax 039.9881909 – 349.0938830 - oppure: Fabrizio Besana 335.1380028
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